IL CARISMA DELLA CONSOLAZIONE NELLA REALTA’ DELLA EVANGELIZZAZIONE MISSIONARIA

di Padre Giuseppe Ramponi IMC 

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VEDERE

 

1. Quali sono i segni di "consolazione" che vedo nella realtà della Missione?

Ho lavorato 20 anni in una Missione di Indios al 98%. Sono divisi in nazioni secondo distinzioni originarie preincaiche. Però sono forti le influenze, le pressioni e le mescolanze sovrapposte e trasversali avvenute in più di 500 anni di storia di impero ispanico.

In questo modo abbiamo un ritratto culturale, politico e organizzativo ufficiale e un icono (immagine) proprio invisibile. Pubblicamente si presenta una identificazione amministrativa secondo schemi comunitari, dal cabildo locale (giunta comunale) alla federazione intercomunale all’ombra di una organizzazione classista che si impone sempre di più come movimento sociale-politico.

Ma la realtà etnico-culturale che raggiunge climi drammatici è la solitudine: i bambini vanno soli, i giovani vanno soli, gli adulti vanno soli, le donne vanno sole. Le affermazioni unitarie delle varie giunte locali e organizzazioni, sono pura pubblicità senza vera rappresentanza perchè alla fine in qualche modo è solo imposta. In questo contesto, a motivo della promozione formativa che si è affermata nel nostro territorio pastorale, vedo già segni di consolazione negli uomini e nelle donne che sentono l’esigenza della riflessione critica. Comincia il questionamento, si chiede la ragione delle decisioni prese e bisogna giustificare i passi e i proclami pubblici. Dal 1990 quando gli indios fecero vedere che c’erano anche loro e nelle decisioni bisognava già considerarli e consultarli, comincia una presa di coscienza chiara anche se ancora dentro segni incerti di un processo ancora agli inizi e perciò ancora lento.

Un altro segno di consolazione appare nella urgenza di ritornare alle caratteristiche proprie:

idioma, usanze, tradizioni. Si parla di pensiero proprio, codici di comportamento proprio, anche di sistemi giudiziari e penalizzazione secondo antiche tradizioni popolari. Si afferma il bisogno di identificarsi con schemi differenti da quelli nazionali e nella nuova costituzione si parla di un Ecuador, multietnico e plurilinguistico. Perfino si riconoscono come diritti costituzionali i diritti collettivi delle differenti presenze etniche: nazioni indie e nazioni di origine africana.

 

2. Quali sono i segni di desolazione che incontro nella realtà umana dove esprimiamo il nostro carisma particolare?

Un segno di desolazione è senza dubbio la mancanza di un concetto chiaro di "consolazione".  Nel quichua ordinario, la lingua degli indios, il verbo "consolare" arriva appena a esprimere il soffrire assieme. Sarebbe più vicino al nostro senso parlare di "fare felice qualcuno". Ma non entra ancora nel linguaggio. Consolata diventa così "dolorosa" colei che soffre i nostri mali.

Un altro segno è la comunitarietà pubblicata e intravista solo da chi non guarda molto a fondo. In realtà manca la intercomunitarietà nei fatti quotidiani della vita interfamigliare e sociale. La diffidenza e la mentalità chiusa tra comunità vicine fa pensare in una mancanza di riconoscimento dell’altro a livello basico.

 

3. Quali sono i segni di consolazione e desolazione che percepiamo concretamente nella nostra comunità religiosa anche a livello istituzionale?

Lo sforzo per programmare incontri a ogni livello di categoria e geografia è intenso. Dialogare è un fattore eccellente e senza dubbio mai c’è stata tanta promozione di dialogo come oggi. Però alla fine diventano incontri per esigenza di sistema e di copione e la chiave di lettura non sale dalla dimensione telematica che copre già tutto il mappa. Cambi di mentalità e sforzo per sincerare le posizioni programmatiche e il lavoro con valutazioni schiette non si vedono proprio.

Si sentono critiche, lamentele, incomodità ma l’arca è grande e alla fine c’è posto per tutti e per tutto.

Si continua a parlare di famiglia ma in realtà i problemi di convivenza fraterna sono feriti e minimizzati e sopravvive la comunità perché in fondo è un ufficio grande dove i professionisti possono convivere benissimo otto ore al giorno. Poi ritorna ognuno alla propria famiglia.

 

 

GIUDICARE

 

1. Cosa Potrebbe significare la consolazione oggi nel contesto delle realtà dove esprimiamo il nostro carisma?    

Esprimiamo il nostro carisma in un contesto ecclesiale: lavoriamo per costruire una Chiesa che sia comunione di fede, speranza e carità. Allora la consolazione dovrebbe essere riuscire a inserire nella Chiesa una intenzione e caratteristica di apertura con disponibilità per restituire la visibilità culturale e spirituale propria interrotta. Se la Chiesa è Sacramento universale, di tutto allora gli indigeni dovrebbero riuscire a diventare segni idonei perché i sacramenti si realizzino e così rivestirsi di Cristo senza scartare le proprie memorie e perfino arricchirsi del pensiero cristiano senza disattivare completamente il proprio pensiero. 

 

2. Quale paradigma oggi potrebbe esprimere le situazioni di sfida che la realtà mette

Si potrebbe cominciare con un paradigma di inculturazione pastorale. Il primo passo è indigenizzare i posti pastorali: che gli agenti di pastorale indigeni siano una maggioranza e così la programmazione e valutazione si possa fare con capacità locale. In questo modo risulterebbe evidente se la diversità culturale ha opportunità di essere avviata a una interculturalità creativa per un rinnovamento pastorale nella pratica della evangelizzazione.

 

3. Nella realtà concreta dove lavorano i missionari IMC come si vive la dimensione della consolazione nelle differenti comunità? 

Si vive in un ambito di promozione sociale, in assistenza giuridica nei casi di ingiustizia contro i poveri, nello sviluppo delle qualità di leadership, creando una mentalità comunitaria per affrontare assieme discapacità e altri ritardi o limiti fisici e mentali.

 

4. Quali criteri o elementi di orientazione incontriamo nei documenti della Chiesa nelle Americhe?

I documenti sono coraggiosi per la critica e l’indignazione come quando si giudica il giardino del vicino di casa. Sono una lettura ottima e una meditazione interessante. Ma non vanno oltre alle buone intenzioni. Quelli che hanno firmato e sono i padroni di casa poi trovano insuperabili difficoltà di realizzazione e arrivati a casa nessuno tira le pietre.

 

 

ATTUARE

 

Per agire si dovrebbe essere capaci o ben decisi a rispondere alle seguenti domande:

  1. Che tipo di consolazione consideri necessaria per il popolo oggi?

  2. Che stile di presenza missionaria esige un ideale così impegnato?

  3. Che aspetti e atteggiamenti dovremmo approfondire e trasformare a livello personale e comunitario, come regione e come continente, per vivere con maggior coerenza il nostro carisma di consolazione nell’oggi della storia?

Sono tutte eccellenti domande che la qualità e quantità nostra oggi come oggi mai riuscirebbero a elaborare in risposte credibili vissute come protocollo di vita cristiana e religiosa. 

 

Almeno consoliamoci con la nostra caratteristica che emerge nonostante tutto e aiuta a superare la tristezza di quello che passa il convento.

 

Diceva Fito Paez (cantante argentino):

Quién dijo que todo está perdido? (chi ha detto che tutto è perduto?)

Yo vengo a ofrecer mi corazón... (io vengo a offrire il cuore...)

 

 

Padre Giuseppe Ramponi

COOPERAZIONE MISSIONARIA

MISSIONI CONSOLATA

Corso Ferrucci 14 – 10138  TORINO

Tel. 011-4400400
 

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