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Assunzione della Vergine
1600, olio su tela, 400x280 cm

Guido Reni
(Bologna 1575-1642)

Il canonico Giuseppe Crescimbeni, membro della compagnia di Santa Maria della Devozione, con il testamento del 1597 lasciò sua erede la confraternita disponendo, tra l’altro, la realizzazione di un nuovo altare maggiore e della relativa pala. Curatore delle volontà testamentarie fu Giuseppe Mastellari, anche lui membro della compagnia.

La pala fu commissionata a Guido Reni ed è tra le ultime opere realizzate a Bologna dall’artista, allievo della carraccesca Accademia degli Incamminati, prima della sua partenza per Roma al seguito di Annibale Carracci.

Inaugurata il 15 agosto 1600, essa prese il posto del più antico polittico di Simone de’ Crocifissi (1355-1399), purtroppo andato disperso nel secolo XIX e oggi conservato presso la Pinacoteca nazionale di Bologna.

Per il suo dipinto, il Reni si rifece ai dettami del cardinale bolognese Gabriele Paleotti che, nel 1582, in un celebre discorso aveva teorizzato le norme da applicare nell’arte ai fini di una corretta trasmissione delle verità di fede. La pala d’altare doveva docere ossia educare; movere, suscitare un forte impatto emotivo; delectare, quindi essere bella nei colori, nelle luci, nella composizione.

Il tema dell’Assunta era un tema difficile in quanto basato sui Vangeli apocrifi, ampiamente divulgati dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine. Il dogma, infatti, risale al 1950 proclamato da Pio XII. Bisognava quindi trovare formule iconografiche verosimili che non fossero attaccate dai protestanti. Il Paleotti e l’umanista Silvio Antoniano stabilirono alcuni elementi: il sarcofago, gli apostoli, Maria in alto.

L’opera si articola in due piani inquadrati tra quinte architettoniche e raccordati da uno scorcio paesaggistico. In basso, la scena naturalistica e animata degli apostoli attorno al sarcofago vuoto: i volti sono eccitati, i gesti concitati, alcuni parlano tra di loro e altri guardano sorpresi il cielo, uno di loro tiene in mano un bocciolo di rosa, le loro vesti hanno drappeggi pesanti. In alto, la scena celeste con la Vergine ritratta giovanissima, immobile e in atteggiamento estatico, con le mani sul petto, portata in cielo da angeli eterei in abiti leggeri e svolazzanti. Maria vive l’assunzione in cielo in conformità al pensiero domenicano, secondo cui la grazia viene da Dio: Gesù ascende al cielo per virtù propria, mentre sua madre è assunta per i meriti del proprio Figlio. Le mani della Vergine sul petto riprendono l’iconografia dell’Immacolata: l’Assunzione, infatti, veniva giustificata in virtù dell’Immacolata Concezione di Maria.

Da sottolineare il cromatismo reniano di toni e mezzitoni in luce chiara piena di trasparenze.

 

L’altare maggiore, di origine barocca, fu rifatto nel 1747 ed è stato consacrato dal cardinale Giacomo Lercaro nel settembre 1966, dopo essere stato rinnovato coram populo. La parte anteriore è la quella originaria seicentesca.

 

Litania a cura di Mons. Giuseppe Stanzani

Gli Apostoli guardano il sarcofago vuoto e professano la fede nella risurrezione.
Il Fedele guarda gli Apostoli e si immedesima dicendo: “Mi posso unire a Voi?”
Il fedele guarda Maria portata dagli Angeli ed esulta di gioia per la certezza che condividerà anche lui la stessa Gloria.

“Quale gioia mi dissero andremo alla casa del Signore”