La Compagnia del Santissimo Sacramento

La Compagnia del Santissimo Sacramento di Pieve di Cento affonda le sue origini nel XVI secolo, con la conferma dalle disposizioni del Card. Poletti nel 1584, in contemporanea col sorgere di altre compagnie nel paese quali quella del Crocifisso, del Suffragio e di altre compagnie consorelle in numerosi paesi dell'Archidiocesi di Bologna. Subira' una sospensione nel periodo napoleonico, e verra' riconfermata dalle regole dettate nel 1731 dal Cardinale Prospero Lambertini (che fu poi Papa Benedetto XIV) e dalla Circolare del Card. Opizzoni del 3 agosto 1827.

Sara' il Card. Nasalli Rocca, Arcivescovo di Bologna, il 24 marzo 1927 a promulgare il Decreto Arcivescovile per l'uniformita' degli statuti delle Confraternite del SS.mo Sacramento in Diocesi e su questo sara' ispirato e pubblicato il 21 giugno dello stesso anno, su richiesta del Canonico Celso Venturi, l'attuale Statuto della Compagnia del Santissimo Sacramento di Pieve di Cento, con sede nella Chiesa della SS.ma Trinita'.

 

L'attuale Compagnia annovera circa 25 confratelli, e' guidata dal Parroco don Paolo Rossi e dal Priore Germano Pedrielli; raccoglie l'eredita' delle altre Compagnie un tempo esistenti in paese ed ora scomparse, quale quella del Crocifisso, mantenendone le insegne e la devozione, nonche' il posto ai piedi del Crocifisso.

Infatti pur essendo l'altare originario della Compagnia il cosiddetto altare del Santissimo (a destra dell’altare maggiore, restaurato e indorato diversi anni fa a spese della Compagnia), la compagnia si posiziona abitualmente presso l’altare del Crocifisso, dove viene normalmente conservato il SS.mo Sacramento.

La Compagnia svolge diversi servizi che ruotano intorno alla devozione ed al servizio alla Santa Eucarestia in tutte le sue manifestazioni piu' solenni quali le "Quarant'ore", le messe dei Venerdi' di Marzo dedicate al Crocifisso, la processione del Corpus Domini e le altre principali funzioni liturgiche; alcuni confratelli svolgono servizio all'Opera Pia Galuppi durante la messa domenicale insieme agli anziani ospiti.

La nostra festa e' il giorno della SS.ma Trinita'; il lunedi' successivo celebriamo la Santa Messa nella chiesa suddetta "in pro dei Confratelli vivi e defunti".

 

La nostra Compagnia, lungi dall’avere caratteristiche settarie, e' un modo di testimoniare la fede in Cristo raccogliendo e seguendo l'eredita' e l'esempio dei nostri padri; e' aperta a tutti coloro che lo desiderano e che si propongono di seguire la Legge di Dio.

 

Notizie storiche approfondite si trovano nel libretto “Compagnie del 1800 e 1900 e Ventennali del Crocifisso di Pieve di Cento” pubblicato in occasione della Ventennale del Crocifisso del 2000, disponibile in Parrocchia.
 

Per ulteriori informazioni rivolgersi al parroco o al segretario della Compagnia.

 


Elenco degli attuali Confratelli della Compagnia del Santissimo sacramento:
(a Marzo 2013)


Per cont
atti, e-mail:  css@parrocchiapievedicento.it

 


 

Compagnie del 1800 e 1900 e

Ventennali del Crocifisso di Pieve di Cento

 

Parrocchia di Santa Maria Maggiore Pieve di Cento (Bo)

 

Ventennale del miracoloso Crocifisso

10 - 24 SETTEMBRE 2000

 

Numero unico per la Ventennale dell'Anno Santo 2000

 

 

INDICE:

 

PRESENTAZIONE

 

IL CROCIFISSO

 

LA COMPAGNIA DEL SANTISSIMO SACRAMENTO

La Compagnia del Santissimo nell'Ottocento

 

La Confraternita del Suffragio presso la Chiesa di San Rocco

La Compagnia del Suffragio nell'Ottocento

 

Le Compagnie del Crocifisso e le Ventennali del 1800

Le Compagnie dell'Ottocento e la Compagnia del SS. Crocifisso

Ventennali dell'Ottocento e pellegrinaggi diocesani

 

Le Compagnie del Novecento

La partecipazione dei Cardinali della Diocesi di Bologna alle Ventennali del Novecento

 

Le Compagnie nel terzo Millennio

 

Compagnia del Santissimo Sacramento (anno 2000)

 

Riferimenti Bibliografici

 

 

 

PRESENTAZIONE
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Questo opuscolo, frutto di attente ricerche nel passato della nostra Parrocchia, propone il ruolo che nei secoli scorsi hanno avuto le Confraternite, anche nella Terra di Pieve.

Si tratta, infatti, di aggregazioni che hanno avuto una profonda radice nella religiosita' popolare, espressa in manifestazioni di culto e in azioni di Carita'. All'aprirsi del Terzo Millennio della Cristianita', le Confraternite rivelano il proprio valore soprattutto nell'aiuto a superare l'individualismo esasperato di oggi, per aprirsi a un cammino di fraternita'.

Qui si vogliono ricordare soprattutto tre Confraternite o Compagnie che per lungo tempo hanno rappresentato la vivacita' religiosa del nostro popolo: la Compagnia del Crocifisso, del Santissimo Sacramento e del Suffragio. Dalla loro storia emerge al di sopra di tutto, la Fede nel mistero piu' sublime dell'amore che Cristo ha manifestato nella Passione, Morte e Risurrezione per tutti, unita alla Fede nella sua presenza Eucaristica e al suffragio a beneficio delle anime gia' passate all'altra vita. Non si intende riportare nei nostri tempi queste istituzioni in blocco, senza tener conto delle sensibilita' religiose attuali, ma si vuol recuperare il loro ruolo nella Chiesa, in cui hanno camminato nella fedelta' alle migliori tradizioni e nel rinnovamento mirato alla evangelizzazione, pensando sempre ai bisogni autentici della gente, senza trascurare la formazione e la pieta' popolare.

Siamo orientati verso una comunione ecclesiale piu' profonda, alla ricerca di una nuova identita' per trovare nuovi modi di essere e di esprimerci in una societa' che sembra smarrita, senza speranza. In molti casi la storia delle Confraternite e' la storia della Chiesa, come nella lotta alla poverta', nella cura dei defunti, nell'amore sincero a Cristo e al suo Vangelo.

Nel tempo attuale, sono le Associazioni, i Gruppi, i Movimenti che tengono il primato e contribuiscono alla formazione spirituale e anche sociale delle nuove generazioni. Tuttavia si avverte che non va trascurato nessun aspetto adatto a rinnovare le coscienze e le mentalita', per rafforzare sempre piu' la pratica cristiana, riscoprendo anche il valore di queste aggregazioni: Confraternite, Compagnie e Sodalizi.

E' un risveglio, o soltanto un pio desiderio?

Intanto questo piccolo libro vuol contribuire all'apertura sempre maggiore ai segni dei tempi, fra i quali meritano di essere segnalate anche le Confraternite. Ha detto recentemente il card. Camillo Ruini, aprendo il decimo "Cammino di Fraternita'" delle Confraternite e pii Sodalizi, alla Pontificia Universita' Lateranense di Roma: "Ciascuno di noi e' responsabile della vita sociale e civile: non dobbiamo essere cittadini timidi, ma umili e coraggiosi", ricordando il beato Pier Giorgio Frassati, ardente giovane di Azione Cattolica, patrono delle Confraternite.

 

Pieve di Cento, 20 giugno 2000

 

D. Antonio Mascagni


 

 

IL CROCIFISSO - iconografia

Vedere la pagina dedicata all'iconografia del Crocifisso

 

 

LA COMPAGNIA DEL SANTISSIMO SACRAMENTO

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Nelle parrocchie della diocesi di Bologna, le Compagnie del Santissimo Sacramento furono stabilmente insediate nell'ultimo quarto del XVI secolo, volute dal card. Gabriele Paleotti, che in tal modo rendeva operativa l'indicazione del Concilio di Trento (1545-63) di porre l'Eucarestia al centro dell'esperienza religiosa cristiana. Era la risposta cattolica alle dichiarazioni eretiche della Riforma protestante, che legava la salvezza dell'uomo alle sole possibilita' della Fede personale e della meditazione individuale della Scrittura. In questo modo i Protestanti negavano ogni riferimento all'autorita' della Chiesa, mediatrice fra l'uomo e Dio attraverso i Sacramenti, la Tradizione, l'insegnamento del catechismo e la regolazione del l'esercizio della Carita'. Quindi, in ambito tridentino, la Compagnia del Santissimo rappresentava uno strumento importante a sostegno della Chiesa assediata dall'eresia; l'adesione alla confraternita era considerata un'esperienza moderna di cattolicesimo consapevole nella teoria e nella pratica, molto sperimentata anche da persone delle classi piu' elevate.

 

 

Bisogna dire, in verita', che la Compagnia del Santissimo non era invenzione del card. Paleotti, ma gia' in clima umanistico e riformista erano comparse nelle parrocchie le Compagnie del Corpus Domini, o del Corpo di Cristo, per accompagnare l'Eucarestia fuori dalla Messa, nei viatici, nelle processioni e nell' adorazione. Anche a Pieve, fin dal 1462, e' ricordata nei testamenti la Compagnia del Corpo di Cristo, beneficata con lasciti di cera. I grandi promotori della Controriforma, come S. Carlo Borromeo e il card. Paleotti avevano potenziato queste associazioni piu' legate al clero istituzionale rispetto alla compagnie medievali e quindi piu' fidate, assegnando loro compiti precisi: accompagnare il Santissimo in ogni esposizione, nella processione del Corpus Domini e nelle Quarant'Ore; esercitare la Carita' con la preghiera e con opere benefiche; provvedere arredi per il culto dell'Eucarestia. La Compagnia del Santissimo di Pieve viene nominata come esistente in Collegiata al tempo della visita apostolica del card. Ascanio Marchesini, il 1° novembre 1573. Dal 1618 si comincio' a tenere i verbali delle sedute dei confratelli, dove venivano segnate le opere caritative e le spese deliberate per provvedere vari arredi per le processioni e l' ostensione del Santissimo. Li riportiamo nella versione riassunta dal canonico Felice Crescimbeni, che nel Settecento pote' leggerli prima della loro dispersione: 

 

"- 1618: si faceva ancora allora l'esposizione del Venerabile il venerdi' di marzo;

 - diverse elemosine di L. 1 e anche piu' per ciascuna fatte a persone bisognose e inferme fratelli e sorelle della Compagnia;

 - si fece un piviale bianco e si spese L. 174,8.....

 - 1620: spesi L. 13,17 in una velliera bianca con merletti d'oro per servizio del Santissimo Sagramento;

 - 1621: spesi L. 28 in un ombrello di corame rosso fatto fare dal sig. don Proculo Riesi.....

 - Spese L. 69,8 in un baldachino;

 - 1633: spese L. 432 per un baldachino di damasco bianco".

(Archivio com. Pieve: Raccolta Melloni-Crescimbeni, voI. II, pag.151).


Quest'ultima spesa, del tutto rag­guardevole, potrebbe riguardare proprio l'acquisizione del baldacchino ancora usato a Pieve nella processione del Corpus Domini. Ricordiamo che le Quarant'Ore, fin dalle prime celebrazio­ni, vennero allestite in modo sempre piu' solenne ogni volta in una chiesa diver­sa fra quelle delle Compagnie maggio­ri di Pieve: Santa Maria al Voltone, chie­sa dei Battuti, San Rocco, Santa Croce e Santa Trinita'. Queste confraternite dovevano provvedere alle loro chiese ed oratori, con spese sicuramente notevoli per la conservazione degli edifici, per le officiature e gli arredi. La Compagnia del Santissimo, invece, era libera di de­volvere ogni sua entrata per il decoro del culto del Santissimo. Nella prima meta' del Seicento avvenne il collega­mento della Compagnia con l'altare dei Santi Giacomo e Filippo, in Collegiata, posto fra il campanile e la sacrestia, da allora chiamato: altare del Santissimo Sacramento. La cappella era stata eret­ta nel 1433 per volonta' testamentaria di Michele Pedrini; nel 1615 era stato ag­giunto un beneficio intitolato a S. Mi­chele Arcangelo, per testamento di Ales­sandro Mastellari, con l'ornamento del quadro di S. Michele, ora presso la Pi­nacoteca di Pieve. Negli estratti dei verbali della Compagnia del Santissimo, prima citati, alla stessa pag. 151, e' segnato:

 

"- 1637: spese L. 136,12: per provedere corame dorato per ornar la meta' della Cappella del Sagramento. Il signor Vincenzo Mastellari fece del proprio l'altra meta', ma per certa differenza insorta, fu comprata dalla Compagnia dal signor Mastellari".

 

Si nota l'autonomia d'azione della Compagnia, che orno' la cappella, controllata precedentemente dal Mastellari, con un intervento di meta' dei lavori, poi, per "certa differenza (contrasto) insorta" nei confronti del giuspatrono, si assunse le spese anche dell' altra meta', estromettendolo dall'affare. Da allora, le spese piu' importanti riguardarono proprio l'altare:

 

"- 1684: si fece il paglio di scagliola all'altare del Santissimo;

 - spesa di L. 23,16 in un piviale di damasco bianco per le processioni del Santissimo;

 - 1709: l'ornamento di scultura della cappella del Santissimo fu fatto a spese della Compagnia."

 

Altra opera apprezzabile e' il tabernacolo a baldacchino dell'altare, di legno intagliato e dorato, procurato dalla Compagnia nel 1742, durante il difficile momento storico in cui Pieve subiva i disagi causati dai movimenti di truppe della guerra di successione austriaca. La Compagnia del Santissimo, collegata al Parroco e ai canonici, tenne la sua sede in Collegiata e contribui' fattivamente, per tutto il Settecento, all'abbellimento dell'altare, al decoro del culto del Santissimo e alla buona riuscita delle processioni, a cui interveniva con il proprio stendardo e con cappa uniforme.

 

 

LA COMPAGNIA DEL SANTISSIMO NELL'OTTOCENTO

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Con la soppressione degli enti religiosi, in periodo napoleonico, la Compagnia del Santissimo resto' dispersa per alcuni anni. Tuttavia, fu l'unica a tentare di risorgere, nel 1807-8, proprio per la sua sottomissione al clero parrocchiale e per la dedizione al servizio del culto liturgico in totale estraneita' a scopi politici o comunque non religiosi. Il Regio Governo italico osservo' con sospetto questa ripresa, avvenuta il 26 maggio 1807, imponendo un delegato alle riunioni dei confratelli e premendo sul parroco, don Giuseppe China, perche', come a le, si face se garante del carattere esclusivamente religioso dell' associazione. In pratica, la rinata Compagnia dovette sottostare a regolamento imposto dallo Stato, senza statuto approvato dall'autorita' ecclesiastica. Diversa fu, invece, la vera rifondazione nel 1819, in periodo di Restaurazione, sotto la supervisione del parroco don Nicola Rossi (l'iniziativa era gia' stata predisposta dal predecessore don Francesco Dotti), con statuto approvato dal card. Opizzoni (nel 1827 il cardinale uniformo' gli statuti di tutte le Compagnie del Santissimo della diocesi). In questa seconda fase di vita, la Compagnia riapparve composta di trenta-cinquanta iscritti, con dotazione e responsabilita' nuove, in relazione alla sensibilita' ultramontana, che sosteneva la centralita' della Chiesa istituzionale. Ottenne come sede la chiesa e l'oratorio della Santissima Trinita', dove la domenica i confratelli i riunivano per la recita dell'Ufficio della Beata Vergine e per assistere alla Messa, celebrata da un sacerdote da loro stipendiato; nella Quaresima e nella Settimana santa aumentavano gli obblighi con la recita di salmi penitenziali e la presenza alle funzioni del triduo pasquale e ai suffragi per i defunti. Riprendevano cosi' le pratiche devozionali per la crescita spirituale dei singoli adepti alla Compagnia, i quali, secondo lo statuto, dovevano godere di "buona fama, professione non vile, capaci di sostenere li pesi inerenti agl'impegni della Compagnia, dovranno avere l'eta' dagl'anni 18 almeno e dovranno essere istrutti nel leggere e scrivere' (Arch. parrocc. Pieve: cart. 62, fasc. II: Statuti della Compagnia del Santissimo Sacramento della Terra di Pieve presso Cento, pag. 2). Contemporaneamente, i confratelli ricominciavano il loro servizio nelle celebrazioni solenni a fianco del clero, vestiti in cappa bianca, spallino rosso e distintivo al petto, per adempiere agli obblighi generali puntualizzati dallo Statuto del 1819:

 

"art. IX: Interverranno li suddetti Confratelli vestiti della Cappa prescritta dall'art. XX in ogni prima domenica del mese alla Processione del Santissimo nella Collegiata. Si avra' una speciale premura pel maggior concorso alla Processione del Corpus Domini e sua Ottava; art. X: se per qualche circostanza straordinaria de' pubblici bisogni, fosse la Compagnia pregata a concorrere processionalmente, all'invito del Priore dovranno tutti li confratelli radunarsi ed accedere alla funzione;

art. XI: sara' un altro dei principali loro obblighi di concorrere processionalmente al trasporto del cadavere di ciascheduno confratello accompagnandolo dalla casa alla parrocchia al cimitero. Il feretro dovra' essere portato da' confratelli;

art. XII: li confratelli destinati alla visita ed assistenza degli infermi confratelli dovranno presentarvisi in tutta puntualita', umanita' e buon garbo. Sara' lodevole ed esemplare qualunque esercizio di umanita' e di carita' che qualunque confratello vorra' e potra' esercitare singolarmente a beneficio degl'infermi poveri e miserabili;

art. XIII: quelli tra li confratelli che saranno destinati per essere portatori dei morti non Confratelli saranno tenuti a portare sino al sepolcro tutti li morti veramente miserabili."

 

Negli anni seguenti, la Compagnia intervenne non solo nelle occasioni sopra specificate, ma, come lo Statuto permetteva, anche nelle altre funzioni importanti, come ad esempio, nelle solenni processioni col miracoloso Crocifisso di Pieve; un caso e' indicato nella delibera a pag. 49 del Registro per le Congregazioni del SS. Sacramento della Terra di Pieve, 1819-1860 (Arch. parrocch. Pieve, cart. 62, fasc. II), in data l° settembre 1824: si precisa che, all'imminente suddetta processione (prevista per il 5 settembre) "...la stessa Compagnia e' invitata ad intervenire in buon numero". Lo statuto indicava gli ufficiali da eleggere annualmente: un priore, un camerlengo, un maestro dei novizi, dodici conservatori, un segretario e un economo; il Parroco teneva la funzione di direttore spirituale e si firmava nei verbali come presidente. Per le processioni, erano eletti sei baldacchinieri e quattro lampionieri. Per parte sua, la Compagnia si impegnava a curare con grande decoro la chiesa della SS. Trinita' anche rispetto ai benefici e legati di messe di tutti gli altari presenti: l'altare maggiore intitolato alla SS. Trinita' con pala di Lucio Massari, quello a sinistra della Beata Vergine di Loreto, del 1674, con Madonna Nera, e l'altro a destra de­dicato a S. Filippo Neri, del 1677, con quadro omonimo non attribuito. Nel corso dell'Ottocento, la Compagnia del Santissimo intervenne presso la Congre­gazione di Carita', amministratrice dei beni dell' Ospedale e proprietaria della chiesa e oratorio di SS. Trinita', per sol­lecitare i necessari restauri; appunto nel 1843 fu rifatto il campaniletto perico­lante. Per la cura e l'officiatura entro la chiesa erano stipendiati un cappellano e un sacrestano, per gli altari della Ma­donna di Loreto e di S. Filippo Neri era­no eletti due amministratori. Nel 1836, con autotassazione volontaria dei soci benestanti, la Compagnia procuro' quattro lampioni mobili "per maggior decoro della solenne processione del Santissimo Sacramento" (Registro per le Congregazioni... cit, pag. 130), dichiarando una spesa complessive di scudi romani 68 e baiocchi 8, con l'elenco dei confratelli che avevano contribuito. Resta da indagare quale sia stato il rapporto fra la Compagnia del Santissimo eretta in SS.ma Trinita' e quella del Suffragio (1838), presente in S. Rocco. Sembra che ognuna vivesse la propria esperienza, senza particolari collegamenti con l' altra, anche se i verbali accennerebbero a qualche raro screzio per motivi contingenti, non di principio. I1 5 marzo 1865, alcuni adepti della Compagnia del Santissimo lamentano una mancanza di riguardo della Confraternita del Suffragio nei loro confronti:

 

"Il Confratello sig. Giovanardi Domenico fa osservare ai signori convocati che la Compagnia del Suffragio non intende piu' di accompagnare la nostra, dopo l'ora che le tocca che e' l'ultima delle Quaranta Ore, come e' sempre stato di pratica, quindi ne deriva che molti dei nostri confratelli non intendono di soffrire un cosi' grave insulto da una compagnia la quale dalla nostra non ha ricevuto che buona accoglienza e servizi. Il medesimo Confratello propone che si scelga altra chiesa in occasione delle Quaranta Ore per luogo di riunione, invece di quella di S. Rocco e cio' a scanso di diverbi che potessero insorgere fra le due Confraternite e volendosi cosi' rispettare i diritti di ambidue" (Arch. parrocch. Pieve: cart. 62, fasc. II: Registro per le Congregazioni del Santissimo Sacramento della Terra di Pieve, 1861-1943, pagine non numerate, data 19/3/1865).

 

Ma non si tratta di un ritorno alla litigiosita' del Settecento; infatti, si ricorre subito alla mediazione dell' Arciprete, primo responsabile della pastorale e del culto liturgico. L'intervento di mons. Antonio Zannini incontro' l'approvazione dei confratelli: egli propose che la Confraternita del Suffragio inoltrasse domanda per essere esonerata dall'accompagnare l'ultima delle Quarant'Ore e sollecito' la Compagnia del Santissimo ad accogliere tale richiesta "cordialmente" (sic), come prova di buona fede. Cosi', la Compagnia del Santissimo attraverso' l'Ottocento non senza momenti di incertezze o gravi difficolta': il cappellano officiante nella chiesa della SS. Trinita' era sempre piu' richiesto dall'Arciprete per le celebrazioni in Collegiata. Fu, quindi, necessario stilare un capitolato per l'anno 1871, cosi' da assicurare la disponibilita' di un sacerdote per la messa festiva, con deroga di 10 domeniche in tutto l'anno, ossia: sei a volonta' del cappellano e quattro o cinque al massimo a vantaggio della Parrocchia: il giorno dell' Assunta, la domenica del ringraziamento al Crocifisso, la festa di S. Vincenzo, la festa dei Giovani, la festa di S. Giuseppe e la festa di Sant'Antonio, qualora cadesse in domenica. Fu sempre indiscusso l'atteggiamento filiale della Compagnia verso l'Arciprete, dimostrato da varie testimonianze. Una di queste si riconosce nella celerita' e generosita' con cui i confratelli, nella seduta del 27 dicembre 1890, inviarono il loro contributo al Comitato Cittadino formatosi per i festeggiamenti del 25° di possesso parrocchiale di mons. Angelo Calzolari. Negli ultimi anni della sua vita, anche mons. Angelo Gessi fu molto legato alla Compagnia del Santissimo, tanto da essere commemorato dopo la morte come colui

"che quant'unque abbia coperto cariche importanti nell'eterna citta', pur nullameno nella grandezza di sua maesta' non ha mai dimenticato di essere confratello del Santissimo Sacramento" (Arch. parrocc. Pieve, cart. 62, fasc. II: Registro per le congregazioni... 1861 1943, data del 28 novembre 1904).

Ai primi del Novecento, aumentarono i segnali di discontinuita' nelle pratiche devozionali consuete: 1'esiguita' dei confratelli alla recita del Mattutino consiglio' di trasferire i pochi affezionati alla Collegiata, diradando di fatto l'officiatura nella chiesa della SS. Trinita'. Il 24 marzo 1927, il card. Nasalli Rocca emano' statuti rinnovati per le Compagnie del Santissimo Sacramento della Diocesi di Bologna, in due tipi distinti: per le parrocchie di citta' e per quelle di campagna. Il 21 giugno successivo, mons. Venturi sottopose all'approvazione della Curia lo Statuto della Compagnia di Pieve, perche' entrasse in vigore "dal 1927, anno del IX Congresso Eucaristico Nazionale in Bologna" (Arch. parrocc. Pieve, cart. 62, fasc. II: Statuto per la Compagnia del SS. Sacramento, canonicamente eretta nella chiesa parrocchiale e collegiata di S. Maria Maggiore in Pieve di Cento con sede nella chiesa della Santissima Trinita', pag. 16). La Confraternita venne rifondata nella Collegiata, anche se manteneva la sua sede in SS. Trinita', come dice lo Statuto. Erano riconfermati i fini istituzionali: culto dell'Eucarestia, carita' verso i confratelli e i bisognosi; i fini devozionali: accostarsi ai Sacramenti ogni prima domenica del mese e feste principali, partecipare alla messa spesso nei giorni feriali, pregare, intervenire alle funzioni liturgiche dei suffragi; i fini comportamentali: vestire l'uniforme nelle funzioni e processioni del Giovedi' santo, Corpus Domini e Ottava, Quarant' Ore, viatici e festa della SS. Trinita'; i fini morali: astenersi da cio' che non si addice a un vero cristiano, condurre vita onesta, pagare la quota sociale e partecipare alle riunioni, ora dette "adunanze". La responsabilita' della guida spirituale e amministrativa apparteneva al Parroco, che per statuto era coadiuvato da un priore, un vicepriore, tre o cinque o sette consiglieri scelti fra i confratelli piu' osservanti, un segretario per: verbali, convocazioni e corrispondenza, poi, un cassiere, una priora per la sezione femminile, un collettore delle quote sociali, mazzieri e avvisatori, visitatori degli infermi, tutti con carica annuale e rieleggibili. Per le elezioni e per le decisioni, il Consiglio doveva riunirsi due volte l'anno, ma le donne non avevano voce attiva. L'abito dei confratelli restava la cappa gricciata o il camice bianco, cordone ai fianchi e mantellina di color rosso con medaglia appuntata sul cuore; per le donne, una medaglia al collo e il cordone ai fianchi. Le quote sociali riscosse venivano depositate su un libretto della Cassa Rurale di Pieve di Cento. Ma furono anni difficili: poca puntualita' alle funzioni, poco avvicendamento nelle cariche, per cui la Compagnia si avvio' ad essere un gruppo piuttosto selezionato e chiuso. Nel 1934 mori' Marcello Venturi, padre del Parroco, dopo essere stato riconfermato per alcuni anni priore della Compagnia e al suo posto subentro' Francesco Cavicchi; come segretario fu eletto

d. Luigi Roversi. Il loro mandato fu lungo, quasi a vita. Intanto la Compagnia del Santissimo, pur mantenendo una gestione propria, era sempre piu' spesso correlata alle altre confraternite presenti in Parrocchia, tanto che nel 1935 venne di fatto fusa con loro nelle mansioni e nella considerazione.

 

 

SUFFRAGIO PRESSO LA CHIESA DI S. ROCCO

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La Riforma protestante si era opposta alla pratica delle indulgenze, giungendo ben presto al rifiuto di tutta la teologia dei suffragi per le anime dei defunti. La Dottrina cattolica, ribadita nel Concilio di Trento, riporto' in luce i principi teorici che rendono legittima l'indulgenza, separandoli dagli abusi di certe applicazioni deteriori, politicizzate o venali. L'indulgenza non perdona la colpa, ma concede uno sconto della pena, che il peccatore ha meritato con la sua colpa. Puo' essere concessa a speciali condizioni: che il peccatore sia pentito e, con la confessione, abbia ottenuto l'assoluzione dai peccati. Per ottenere l'indulgenza, fin dal Medioevo, erano richieste opere di penitenza, pellegrinaggi, oppure offerte in denaro, che potevano essere spese per opere di pubblica utilita': strade, ponti, cappelle... L'indulgenza puo' essere acquisita anche a vantaggio dei defunti, come opera di carita' e di solidarieta', cosi' da ridurre la permanenza delle anime in Purgatorio.

 

Ad esempio, una bolla di papa Innocenzo XI del 12 gennaio 1678 permetteva appunto di ottenere a vantaggio dei defunti l'indulgenza del Perdono di Assisi (proclamata da papa Onorio III nel 1223 per i giorni 1 e 2 agosto).

 

Sulla base di questi principi, nel '600 sorsero numerose Compagnie del Suffragio, o delle Anime Purganti, una delle quali fu eretta anche a Pieve presso la chiesa della Confraternita dei Santi Rocco e Sebastiano. Ad incoraggiarle fu soprattutto la predicazione francescana che diffondeva la pratica del Perdono di Assisi, per impetrare i suffragi ai defunti con preghiere, indulgenze, devozioni, messe e con pellegrinaggi ad Assisi. Con l'estensione del privilegio dell'indulgenza a chiese e altari fuori Assisi, queste compagnie del Suffragio cambiarono velocemente i caratteri del loro operato. Invece di destinare denaro e forze fisiche ai pellegrinaggi ad Assisi, si rivolsero alle devozioni locali, soprattutto di ambito mariano e cercarono con grande zelo di ottenere privilegi e indulgenze per gli altari presso cui avevano sede. Lo stesso intento fu perseguito da tutte le altre confraternite laicali, presso le quali ebbe notevole sviluppo il culto mariano, in periodo postridentino. Questo avvenne anche a Pieve: in Santa Maria del Voltone (Battuti) fiori' la devozione della Madonna Del Rosario, in SS. Trinita' fu fondato l'altare della Madonna di Loreto, in Santa Croce si diffusero la devozione della Madonna del Carmine e della Madonna Addolorata, nella Collegiata comincio' il culto della Madonna delle Grazie, mentre continuava la devozione alla Madonna del Pilastro (all'altare della Concezione). Nella chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano venne fondata la devozione della Madonna della Cintura. In tutte questi culti mariani l'intento di perseguire i suffragi era prioritario o comunque importante. Nella chiesa della Confraternita di S. Rocco (riedificata fra il 1615 e il 1618), la Compagnia del Suffragio di Pieve si integro' nel corso del Seicento, tanto che il luogo pio fu denominato: chiesa di S. Rocco o del Suffragio.

 

La Compagnia di S. Rocco di Pieve si aggrego', nel 1608, all'omonima confraternita romana per derivarne i privilegi delle indulgenze, di cui questa era dotata; in seguito, i confratelli mutarono la loro cappa bianca con quella verde indossata dalla compagnia romana. Nel 1706 (10 febbraio), fu il Suffragio di Pieve ad essere aggregato all'omonima compagnia di Roma. Ricevuto questo privilegio, nella riunione della congregazione di Pieve si delibero' che:

 

"...Andando il Suffragio a Morti o ad altre funzioni, il segno lo porti l'Ordinario di S. Rocco, o il Sottoordinario o il piu' anziano della Compagnia" (Arch. parrocc., cart. 56, fasc. V: Memorie estratte da libri esistenti nell'archivio della Confraternita dei Santi Rocco e Sebastiano),

 

a testimoniare la completa sintonia d'azione delle due confraternite. Si puo', a ragione, pensare che il Suffragio abbia quindi influito notevolmente nelle opere di abbellimento della chiesa e nell'acquisizione di ornati e arredi, che erano utilizzati da entrambe le compagnie. Mi riferisco a diverse opere, fra cui il quadro di Bartolomeo Gennari (1637), collaboratore del Guercino, dipinto su commissione della Compagnia di S. Rocco, per donazione dell'affiliata Dorotea Veronesi. In un primo ordinativo, la committente richiedeva un'opera con la Vergine Maria al centro e santi intorno, ma nella realizzazione furono apportate diverse varianti: al centro, non la Madonna, ma il Crocifisso, con Maria e S. Giovanni Evangelista alla sua destra, S. Francesco d'Assisi e Sant'Ignazio a sinistra. Qui si nota come la spiritualita' penitenziale francescana abbia contribuito alla determinazione dell'iconografia del quadro. Nel 1667, lo scultore ferrarese Antonio Porri intaglio' l'ornato dell'altare maggiore di S. Rocco e realizzo' le statue di S. Sebastiano e della Madonna della Cintura; quest'ultima devozione mariana era certamente sostenuta da una Pia Unione, eretta in questa chiesa. Nella nostra diocesi, le confraternite della Madonna della Cintura furono incoraggiate dagli Eremitani di S. Agostino presenti a Bologna in S. Giacomo Maggiore, dove, nel 1439 fu eretta la Compagnia della S. Cintura della Beata Vergine, poi rifondata nel 1575 come Compagnia di S. Maria della Consolazione dei Cinturati, ancora oggi presso il 1° altare a destra dall'entrata. La devozione della Cintura ebbe origine da un'apparizione della Madonna a S. Monica, madre di S. Agostino, con l'invito a cingere una cintura in segno di penitenza, castita' e distacco dal mondo. L'entrata di questa spiritualita' nel culto della chiesa di S. Rocco di Pieve e' dimostrata dagli ornati aggiunti nel secolo seguente, ossia, le statue di S. Monica e S. Agostino nelle nicchie di fianco all'altare maggiore (1749), per completare la serie di figure di riferimento della devozione alla Madonna della Cintura. Possiamo supporre che la Compagnia del Suffragio e le altre erette nella stessa chiesa di S. Rocco abbiano contribuito all'acquisizione dello stendardo indorato (1667), poi rimodernato e ampliato nel 1724 e alla realizzazione del segno nuovo d'argento, che l'Ordinario della Compagnia portava al petto; certamente hanno pagato per le nuove campane (1679) e per l'organo (1680) della chiesa di S. Rocco, loro sede di officiatura. Nel 1704, fu costruita la tomba o "arca" della Compagnia del Suffragio, a dimostrare la completata integrazione di questa confraternita in S. Rocco. I lavori piu' impegnativi, che conferirono alla chiesa l'aspetto barocco ancora visibile, risalgono al 1775, con la ricostruzione della cupola del campanile, il vo'lto delle cappelle laterali di S. Antonio e S. Gaetano, la volta di tutta la chiesa con contrarchi, cornicioni e stucchi attorno a finestre, pilastri, porta maggiore e facciata interna e con cartigli sopra le cappelle degli altari; ne fu autore Giuseppe Calegari di Bologna, d'origine di Lugano, per un compenso di L. 309,68. Per questo periodo, lo storico di Pieve Giuseppe Landi (Storia dell'antica Terra di Pieve presso Cento, Bologna 1855, pag. 150) inserisce la Compagnia del Suffragio fra le confraternite spirituali laicali di categoria intermedia, inferiore a quelle che detenevano propria chiesa e oratorio (come S. Maria, S. Croce, SS. Trinita' e S. Rocco), ma con il privilegio di indossare cappa uniforme e innalzare il proprio stendardo nelle processioni e cerimonie di culto.

 

 

LA COMPAGNIA DEL SUFFRAGIO NELL'OTTOCENTO

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Dopo la confisca dei beni ecclesiastici non parrocchiali in periodo napoleonico, la Chiesa di S. Rocco fu acquistata da privati, che acconsentirono a riaprirla al culto a disposizione della parrocchia, pur conservandone il giuspatronato. Mentre nella Collegiata si consolidava il culto del Crocifisso, in quest'altra chiesa ritornarono le devozioni ai santi e altre pratiche provenienti dalle chiese soppresse, come la Madonna del Carmine. Nel 1820, il Parroco sostenne qui l'erezione di una Compagnia del SS. Sacramento, analoga a quella fondata in SS. Trinita', sempre per coltivare associazioni fidate e adatte a portare decoro alle sacre funzioni, come richiedeva la sensibilita' ultramontana ottocentesca. Ma si avvertiva la necessita' anche di associazioni meno ufficiali e impegnative e piu' rivolte ad una devozione intimistica; per questo, nel 1838, presso la sacrestia di S. Rocco, si ricostitui' la Compagnia del Suffragio, che assorbi' la precedente Compagnia del Santissimo di S. Rocco, riprendendo la recita dell'ufficio dei morti e le pratiche devozionali settecentesche. La Compagnia del Suffragio divento' di fatto la diretta responsabile della chiesa di S. Rocco, insieme con il giuspatrono, in collaborazione con il Parroco di Pieve e con l'Amministrazione parrocchiale. Nel 1858, fu il proprietario Raffaele Bassi a restaurare San Rocco; piu' tardi, nel 1875, fu la confraternita a rinnovare gli altari secondo il gusto estetico del periodo. La gia' citata opera storica del Landi dichiara che nell'Ottocento San Rocco "...e' decorosamente ufficiata in tutti i singoli giorni dell'anno" (Landi G.: Storia dell'antica Terra di Pieve... cit., pag. 168). Nelle processioni i confratelli del Suffragio intervenivano con la croce processionale, vestiti in abito uniforme, costituito da cappa bianca e coprispalle verde. Nell'ultimo ventennio del secolo, la Parrocchia incoraggio' la formazione di varie pie unioni devozionali, per assicurare piu' interesse verso il culto dei santi titolari degli altari delle varie chiese. Non erano associazioni autonome come nel 1700, ma gruppi sempre diretti nella spiritualita' e nell'operato dai sacerdoti incaricati dal Parroco, o dal Parroco stesso. In S. Rocco erano presenti, oltre all'altare maggiore, le cappelle della Madonna del Carmine, di S. Vincenzo Ferreri, S. Antonio da Padova e della Crocifissione con quadro di B. Gennari, poi: nicchie con le statue di S. Apollonia e S. Lucia. Nel 1890, il sacerdote pievese Alfonso Maria Terzi istitui' in S. Rocco la Compagnia di S. Luigi, per giovani e ragazze; venne intanto acquisita la statua del santo e posta sull' altare della Crocifissione. Nel 1892, ebbe origine la Compagnia del Carmine, sotto la direzione di don Terzi. Per il culto degli altri santi non furono create vere e proprie compagnie, ma solo nominati i "priori", cioe' i responsabili per cercare fondi e soluzioni per la celebrazione solenne delle feste, a cui contribuiva pure la Parrocchia. La documentazione riguardante la visita pastorale del card. Svampa a Pieve, nel 1900, illustra con precisione anche lo stato della chiesa di S. Rocco e delle compagnie in essa presenti. Sappiamo, da questa fonte, che la chiesa resta aperta al culto al mattino e nel pomeriggio dalle quindici all'ora dell' "Ave"; viene officiata nelle feste dei santi e della Madonna titolari di cappelle o di statue qui presenti; non si conserva il Santissimo; non vi sono benefici, cappellanie, legati di messe; tuttavia, il lunedi' sera si recita l'ufficio dei morti, ogni anno si celebra un ottavario dei defunti con predicazione e, in carnevale, viene celebrato un triduo. Le Compagnie dell'ultimo Ottocento continuano la loro attivita' nella cura degli altari e delle feste, ma anche nell'autoformazione degli iscritti. Fra tutte, la principale resta la Compagnia del Suffragio (considerata alla pari delle confraternite del SS. Sacramento e del Crocifisso), la quale conta 40 iscritti, ha una rendita annua proveniente dalle quote sociali e dalle entrate acquisite con l'accompagnamento dei morti (come per la Compagnia del Santissimo). L'uniforme dei confratelli sembra un po' modificata, essendo costituita da cappa bianca, cordone ai fianchi turchino e spallino turchino. Fino al 1935, essa mantenne la propria autonomia, poi fu unita alle altre due, costituendo un unico gruppo laicale impegnato generalmente in compiti di accompagnamento delle processioni. La Chiesa del Novecento, infatti, preferi' curare le associazioni a scopo di formazione, piuttosto che quelle di rappresentanza, decretando di fatto la scomparsa dei gruppi laicali che per secoli avevano collaborato alla cura delle chiese e delle cappelle.

 

 

 LE COMPAGNIE DEL CROCIFISSO E LE VENTENNALI DEL 1800

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Compagnie erette presso la cappella del miracoloso Crocifisso nel Seicento

 

Nel libretto di Gian Battista Melloni: "Storiche notizie del miracoloso Crocifisso della antichissima terra della Pieve", edito in forma completa dal 1752 in poi, fino al Novecento, sono ricordate le confraternite seicentesche sorte sotto gli auspici del miracoloso Crocifisso: "Sotto l'ombra e protezione del medesimo ricoverossi gia' nel suo nascimento la Compagnia or soppressa del Suffragio degli agonizzanti composta di cento uomini ed altrettante donne. Lo stesso fecero nel passato secolo le pie Congregazioni di penitenza ossia del sacco e di Assisi, le quali dopo le ultime vicende esse pure restarono soppresse" (cit. Bologna 1857, pag. 6). Queste confraternite, erette presso l'altare del Crocifisso agonizzante, sono abbastanza diffuse nel Seicento e rappresentano, a Pieve come altrove, le ultime manifestazioni collegabili alla spiritualita' dei movimenti flagellanti medievali. Come nel Tre-Quattrocento, anche nel Seicento furono ispirate dagli ordini religiosi predicatori e mendicanti, soprattutto Francescani (dal 1528 era nata un'altra famiglia francescana: i Cappuccini, votati alla predicazione, alla preghiera e all'evangelizzazione in terra di missione). Le Confraternite del Suffragio degli agonizzanti e di Penitenza, o del sacco, proponevano un rinnovamento spirituale attraverso la conversione e la penitenza, come al tempo dei battuti bianchi, ma questa volta ripensate con sensibilita' rinascimentale e controriformista. Come riferimenti concreti per la devozione erano ripresi i crocifissi grandi del tardo Medioevo, dov'erano ancora presenti, o ne erano procurati dei nuovi, sempre dai tratti realistici dell'uomo-Dio agonizzante. Attorno a loro correva secolare fama di miracoli, tradizione di prodigi e di leggende popolari, che ne mettevano in risalto le specificita' e i legami con la gente e il territorio. Queste sculture non erano riproposte per indicare una via di penitenza mediante la mortificazione del corpo, come nel Medioevo, ma, secondo la devozione moderna, esse contribuivano ad illuminare la mente perche' evitasse gli errori dottrinari (conversione) e ad attrarre il cuore perche' non cedesse alla seduzione della vita mondana (penitenza). La Compagnia di Assisi, nominata dal Melloni, probabilmente si deve intendere come un'associazione laicale devota a S. Francesco d'Assisi, venerato come imitatore di Cristo fino alla passione, testimoniata in lui dalle stimmate; oppure potrebbe trattarsi di una delle gia' ricordate compagnie del Perdono di Assisi, per i pellegrinaggi e le indulgenze. Queste confraternite seicentesche non resistettero a lungo presso 1'altare del Crocifisso di Pieve. Alla meta' del Settecento risultavano gia' soppresse, con rimpianto del Melloni e di quanti sostenevano una devozione organizzata in compagnie cristocentriche o mariane, finalizzate a procurare alle rispettive cappelle legati di messe e suffragi per i defunti.

 

Il miracoloso Crocifisso di Pieve, come scultura, era proprieta' dei canonici della Collegiata. Dopo essere rimasto dal 1603 appeso alla controfacciata della chiesa, nel 1643 fu collocato in una cappella privata nuova, su cui gravo' dall'inizio il triplice giuspatronato della famiglia Guidicini, del Comune e del parroco Gian Francesco Bartolini, per il tempo di sua vita. Questo complesso intreccio di proprietari non lasciava abbastanza spazio per l'inserimento di ulteriori patronati confraternali sull'immagine e sulla cappella. Furono, invece, il Parroco e i canonici a dare impulso al culto del Crocifisso, che richiamava devoti e pellegrini con la fama della sua antichita' e dei miracoli. Anziche' restringersi all'ambito di qualche confraternita, l'amore verso il Crocifisso si espandeva nel Centopievese e nella Diocesi in forma sentita e partecipata fra la gente di ogni ceto sociale. Nel Settecento, su richiesta dei canonici, il Melloni scriveva la sua storia del Crocifisso, con la descrizione dell'immagine e il ricordo delle comunita' e dei tanti personaggi, illustri o meno,venuti a visitarlo, quasi a dare conferma della validita' di questo culto popolare. Il libretto racconta pure le pratiche del popolo dei devoti, non raggruppato in confraternite, che ogni sera si radunava in chiesa a pregare, ogni venerdi' primo del mese accorreva presso la cappella per vedere la sacra immagine scoperta e, nel pomeriggio, per recitare la coroncina degli agonizzanti e nell'ultima domenica di ottobre partecipava alla festa del Ringraziamento, che a Pieve era celebrata presso l'altare del Crocifisso. Infine, sono descritte le feste con processione solenne del Cristo che dal Seicento si tenevano ogni tre anni, o piu' spesso, secondo i casi straordinari: gli eventi tristi e lieti di Pieve e della Cristianita' e, come nel Medioevo, durante le missioni al popolo.

        

 

LE COMPAGNIE DELL'OTTOCENTO E LA COMPAGNIA DEL SS. CROCIFISSO

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Dalla Restaurazione, il Parroco si trovo' unico responsabile del culto e della pastorale parrocchiale, dopo la soppressione delle compagnie laicali e delle congregazioni religiose. In un primo tempo ebbe le collaborazione dei sacerdoti presenti in paese: ex canonici o ex regolari, poi, mancando questi aiuti, per 1'avanzata eta', provvide alla fondazione di gruppi laicali sottoposti alla sua diretta responsabilita', per realizzare le indicazioni della Chiesa ultramontana di fare emergere la religiosita' attraverso la liturgia e la devozione. La confraternita piu' sostenuta fu la gia' nominata Compagnia del SS. Sacramento, collocata in S. Trinita' con il beneplacito di d. Nicola Rossi; in Collegiata, nel 1818, iniziava la sua esistenza il "Sodalizio del Sacro Cuore di Gesu'", presso l'altare della Madonna del Rosario, cosi' da riunire le due devozioni per il suffragio delle anime dei defunti. Il parroco successivo, d. Antonio Zannini, di sentimenti liberali, incoraggio' apertamente la costituzione di confraternite che avrebbero animato la vita religiosa del Secondo Ottocento. Nel 1838 sorse la ricordata Compagnia del Suffragio, che sostitui' lentamente la Compagnia del Santissimo di S. Rocco. Nel 1850, con la collaborazione dei sacerdoti presenti a Pieve: d. Giovanni Maltoni e d. Alessandro Angelini, il Parroco diede vita alla Compagnia del Rosario, che raggiunse 50 iscritti. Ebbe responsabilita' nell'organizzare la festa della Madonna del Rosario, la prima domenica d'ottobre e diffuse la devozione del Rosario nei mesi di maggio e d'ottobre. Ne sono testimonianza ancora visibile i pilastrini mariani campestri e le formelle sulle case del Paese databili all' Ottocento.

 

Sempre nel 1850, fu eretta la Compagnia del SS. Crocifisso, allo scopo di rafforzare la devozione al Cristo di Pieve. Per la notorieta' della sacra Immagine nel Centopievese e oltre, l'associazione raggiunse in breve il ragguardevole numero di 800 iscritti e si puo' considerare l'aggregazione laicale di Pieve piu' importante della seconda meta' dell'Ottocento. Nel Regolamento (Arch. parroco Pieve, cart. 70, fase. ID), che ottenne l'approvazione diocesana dal card. Opizzoni, si insisteva molto sulle pratiche devozionali: Messa e Coroncina nei primi venerdi' del mese, Via Crucis nei venerdi' della settimana santa. Il Parroco per statuto era il direttore spirituale della Compagnia; le altre cariche: Priore, Camerlengo, due Conservatori, Segretario, Depositario e Campioniere, erano elettive, fra i confratelli che avessero compiuto i 25 anni. Come incaricato per le questue si prevedeva un Collettore, scelto dagli ufficiali, munito di patente rilasciata dalla Cancelleria arcivescovile, che autorizzava a presentarsi alle case. Come uniforme si richiedeva la cappa bianca con spallino paonazzo, da indossare nelle occasioni solenni perche' la Compagnia potesse "condecorare le sacre funzioni e segnatamente quelle del Corpus Domini, le Rogazioni maggiori e minori e la solenne e straordinaria festa del SS. Crocefisso" che ancora non veniva chiamata Ventennale (Arch. parroco cart. 70, fasc. III). Questa finalita' di aumentare la solennita' delle funzioni con la presenza delle compagnie in uniforme rappresentava una finalita' ancora tipicamente settecentesca, come pure lo scopo di richiamare presso l'altare suffragi e legati di Messe. La Compagnia del Crocifisso, invece, dimostro' la sua modernita' superando questi due intenti con l'impegno, espresso all'articolo 6 del Titolo V dello Statuto, di destinare le quote associative, oltre le prime 200, "...tutto in restauri e riattamenti del sacro Altare del Santissimo Crocefisso, al cui maggior decoro cotesta Congregazione viene eretta, purche' pero' trattandosi di spese vistose, se ne riporti il beneplacito dell'Eminentissimo Arcivescovo" (ibidem). La Compagnia, dal 1852, prendeva in consegna gli "Effetti e mobili e questue appartenenti all'altare del SS. Crocifisso di Pieve" (Arch. parroc., cart. 70, fasc. II), ossia tutti gli oggetti di sacrestia finalizzati al culto del Crocifisso: i paramenti sacri, compresa la pianeta che si riteneva donata da Giulio II nel 1511, le tovaglie dell'altare, i rami per l'incisione delle immagini sacre grandi, medie e piccole, il velo del Crocifisso da dispensare in piccole parti come reliquie, i candelieri, le lampade e i mobili della sacrestia. Contemporaneamente, diventava amministratrice dei beni della cappella, provenienti dalle cassette delle offerte e dalle questue di frumento e canapa raccolte in campagna.

Nel 1857, i confratelli richiesero e ottennero dall'Amministrazione dell'Ospedale il possesso di una grande croce processionale settecentesca che a loro spese avevano fatto restaurare e indorare; era certamente lo stendardo della soppressa Compagnia di S. Croce. Con questa dotazione e soprattutto con il grande numero di iscritti, la Compagnia del SS. Crocifisso riusci' a diffondere e consolidare una devozione al Cristo di Pieve in tempi e pratiche proprie, non collegate alla liturgia della Settimana Santa ne' al culto eucaristico del Corpus Domini e delle Quarant'Ore. I giorni dedicati al Crocifisso restarono i venerdi' di Marzo, com'era consuetudine dal secolo precedente. Per la sollecitudine della Compagnia ripresero con grande vigore le visite e i pellegrinaggi al Crocifisso di Pieve nei venerdi' di marzo di singoli devoti, gruppi e comunita' parrocchiali del vicariato di Cento, da Galliera, Argelato, Poggetto e altri centri del Bolognese. D 15 luglio 1857, sosto' brevemente un pellegrino eccezionale: papa Pio IX, di passaggio nel suo tragitto da Ferrara a Bologna, terzo pontefice dopo Giulio II (1511) e Clemente VIII (1598) ad entrare nella Collegiata di Pieve. La Compagnia consolidava con il suo operato la consuetudine delle feste solenni che da allora furono dette Ventennali per la loro cadenza periodica quadrilustre.

 

VENTENNALI DELL'OTTOCENTO E PELLEGRINAGGI DIOCESANI

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La festa del Crocifisso celebrata nel 1840 era avvenuta, forse senza particolare intenzionalita', proprio in concomitanza con l'assegnazione ventennale dei Capi ai Partecipanti; lo stesso avvenne nel 1860 e nel 1880. I verbali del Consiglio della Partecipanza riportano le delibere di spese per funzioni religiose "...da farsi prima e dopo la divisione nella chiesa di Pieve e in quella di Renazzo" (Arch. Partecipanza Pieve: Y - 20: Divisioni e Contabili 1878-1880), per le quali l'Ente versava alle due parrocchie un'offerta di L. 250, oltre a ricompensare il sacerdote cerimoniere (in quell'occasione d. Alessandro Angelini). La certezza di questo donativo ha piu' saldamente consolidato l'accostamento delle due ricorrenze: divisione dei Capi e festa al Crocifisso, rendendo quest' ultima pure ventennale come la prima. Le Ventennali costituirono per la Parrocchia un appuntamento importante da preparare con molto anticipo e con opere straordinarie.

 

Per rendere piu' solenne la Ventennale del settembre 1860, la Compagnia del Crocifisso si impegno' a dotare di un piedistallo artistico l'immagine del Crocifisso; il disegno fu ideato dal bolognese Giuseppe Cuccoli, contattato dal camerlengo della Compagnia, d. Maltoni, mentre la realizzazione dell'intaglio venne affidata allo scultore centese Luigi Manderioli. Entro gennaio del 1860, erano completati anche i due angeli con torcia, ai lati del piedistallo, intagliati dal centese Giovanni Filicori. L'intento statutario della Compagnia del Crocifisso di rinnovare il santuario ebbe finalmente reale attuazione negli anni 1868-69 e diede impulso ad un periodo di grandi restauri e abbellimenti per tutta la Collegiata. L'altare del Crocifisso venne interamente ricostruito dal bolognese Girolamo Marzocchi, con colonne e cornici in scagliola. Lo scultore Federico Monti compi' l'ornato superiore con due angeli e un ovale con il Padre Eterno, in marmo. Per la decorazione della cappella intervenne Alessandro Guardassoni, che affresco' tre riquadri nella volta raffiguranti la Passione e la Resurrezione; il suo collaboratore, Luigi Samoggia rifini' la pittura del soffitto e delle pareti.

 

Per coprire le spese, la Compagnia del SS. Crocifisso indisse una questua eccezionale, compiuta mandando i propri incaricati casa per casa, in paese e in campagna. Con l'altare rinnovato, la Chiesa di Pieve appariva decorosa come un santuario, meritando di rientrare fra i luoghi pii piu' importanti della Diocesi di Bologna, come il santuario della Madonna di S. Luca e quello della Madonna di Boccadirio. Cio' fece crescere il flusso dei devoti e la prima esperienza in questo senso fu il pellegrinaggio diocesano al Crocifisso di Pieve, organizzato per il 30 marzo 1873 dal circolo giovanile di S. Biagio di Cento, con la partecipazione di 25 parrocchie. L'arciprete di Pieve, d. Angelo Calzolari, volle continuare l'abbellimento della Collegiata chiedendo offerte a tutte le istituzioni e a tutti i privati. Nel 1875, la sua richiesta fu discussa e accolta dal Consiglio della Partecipanza di Pieve, che destino' a tale scopo una somma di L. 1.800, incassata dall'Arciprete nel 1879, per coprire parte delle spese dei tanti lavori di restauro e rinnovamento della chiesa: l'affresco della "Gloria" nel catino dell'abside e quello dei "Protettori di Pieve: S. Sebastiano, S. Rocco, S. Giuseppe Calasanzio e il beato Nicolo' Albergati", nei pennacchi della cupola ad opera del Guardassoni; le decorazioni in stucco negli archi delle cappelle, con capitelli sui pilastri e con cornicioni alla sommita' dei muri perimetrali; la riedificazione dell'altare del SS. Sacramento con affresco della "Fede" nella volta della cappella, ad opera del Guardassoni; infine, la decorazione a vari motivi di tutto l'edificio, ad opera dei collaboratori del Guardassoni: Luigi Samoggia, Giovanni Battista Baldi e Marco Tonelli. La spesa complessiva, molto elevata, fu saldata con l'intervento del Parroco stesso, per 3.000 lire e con i contributi portati dalla Compagnia del SS. Crocifisso. Si lavoro' per molti mesi per organizzare la Ventennale del 1880, celebrata con grande solennita' dal 13 al 22 settembre. Dieci anni dopo, si ripete' con altrettanto successo l'esperienza del pellegrinaggio diocesano, organizzato questa volta dal Circolo dei SS. Petronio e Stanislao di Bologna per il 14 settembre 1890. Anche per questa occasione, la partecipazione delle parrocchie, con le loro confraternite, fu molto elevata; i giornali del tempo calcolarono la presenza di circa 25.000 persone. Si realizzavano le aspettative della Chiesa ufficiale del periodo ultramontano, che incoraggiava le dimostrazioni pubbliche di fede e la presenza dei cattolici in piazza come risposta alle manifestazioni antireligiose e anticlericali del secondo Ottocento. Nel corso dell'Ottocento, le feste del Crocifisso cambiarono ampiamente nel programma e nella considerazione presso la gente. Nel 1840, la festa rispondeva a consuetudini di devozione locale, interessando soprattutto il Paese e i pellegrini del Vicariato o delle parrocchie solite a visitare il Crocifisso. Per loro, un "Avviso Sacro" (Arch. parrocc., cart. 71, fasc. II) descrive il percorso della processione con i fantasiosi nomi che le vie portavano a quei tempi:

"...Nel dopo pranzo della domenica 20 del corrente mese di settembre, alle ore 4 precise sortira' la Processione dalla predetta Collegiata inviandosi per strada della Giostra sino alla Chiesa di S. Rocco, dove a destra voltando si percorrera' tutta via S. Agata e proseguendo a filo si battera' la strada che mette alla Chiesa degli Scolopj, da cui deviando si perverra' per la piu' breve sino all'imboccatura del Borgo delle Fosse, passato il quale, tenendosi a destra si giungera' in Piazza, nel quale luogo, previo analogo discorso, si compartira' al Popolo colla divota Immagine la Santa benedizione".

 

Diversamente si articola il programma della festa del 1860, lungamente preparato col contributo della Compagnia del Crocifisso, attiva nella Parrocchia da un decennio:

"Avviso sacro per la festa ventennale del Miracoloso Crocifisso della Pieve presso Cento. Nel settembre del corrente anno cade la festa ventennale di questo insigne Santuario, venerato nella chiesa Collegiata di S. Maria Maggiore, la quale festa verra' celebrata per nove giorni consecutivi..." (ibidem, fasc. IV).

Si prevedeva pure una partecipazione attiva delle tre Compagnie di Pieve e di quelle di Poggetto, Castel d'Argile, Mascarino e Penzale, assegnando a ciascuna un tratto di strada lungo il quale portare in processione il Crocifisso. Fino a quel momento, la Ventennale conservo' il carattere di una devozione provinciale, specifica e distintiva del nostro territorio. Dal 1880, invece, dopo la ricostruzione dell'altare e del santuario, il culto al Crocifisso ascese a livello diocesano, convalidato dall'incoraggiamento formale dell'Arcivescovo di Bologna. Un "Avviso sacro" del card. Lucido Maria Parocchi, del 12 settembre 1880 raccomandava alla protezione del Crocifisso il popolo dei devoti e pellegrini, invocando grazie e benedizioni. Da allora, i cardinali di Bologna non sono mai mancati alle ventennali del Crocifisso di Pieve di Cento.

 

 

LE COMPAGNIE NEL NOVECENTO

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Nell'Ottocento, le Compagnie avevano offerto un contributo fondamentale nel promuovere e organizzare il culto religioso in Parrocchia, assumendo un ruolo propositivo e non solo decorativo, nella liturgia, benche' fosse indiscussa la sottomissione di tutte le associazioni cattoliche al controllo dell'Arciprete. La presenza di questi gruppi ben organizzati aveva permesso un forte progresso nella devozione, pur in clima di antagonismi e divisioni culturali fra cattolici e fautori delle ideologie antireligiose.

La Compagnia del Crocifisso, piu' di tutte, aveva operato per l'abbellimento della cappella santuario in Collegiata, creando le condizioni necessarie per una devozione non piu' solo popolare e locale, ma addirittura diocesana e di massa. Durante il mandato parrocchiale di d. Alfonso Maria Terzi, il peso delle Compagnie nella Parrocchia resto' elevato: esse permettevano di reclutare uomini e donne di fede esemplare e di condotta morale irreprensibile, che dalla loro posizione distinta potessero attirare il popolo alla religione, alla devozione e alla cura degli altari e delle chiese di Pieve. Nei primi anni della pubblicazione del Bollettino Parrocchiale, intitolato: "Il Crocifisso", le convocazioni periodiche o straordinarie dei confratelli vennero puntualmente comunicate con trafiletti in rilievo, che sottolineavano l'importanza delle Compagnie nella vita parrocchiale ed il sostegno accordato dalla Diocesi e dalla Chiesa in generale.

Ma dal primo Novecento diminuiva lo spirito d'iniziativa ed anche il numero degli iscritti per tutte le Compagnie, per la situazione di conflitto ideologico e la diffusa propaganda antireligiosa.

 

Si verifico' in quel periodo una profonda divisione a Pieve fra Parrocchia e autorita' civili, che ridusse l'impegno dell'Amministrazione Comunale per la cura degli edifici del culto e per la realizzazione di imponenti manifestazioni religiose. Al santuario del Crocifisso si celebrarono comunque solenni funzioni il 31 dicembre 1899 per preparare il passaggio al XX secolo. Nel 1900, la celebrazione della Ventennale coincise con la ricorrenza del Giubileo romano. Il card. Domenico Svampa venne a Pieve in visita pastorale dal 19 al 23 settembre, celebro' la Messa per tre giorni ed imparti' la benedizione papale. Il Circolo Cattolico dei SS. Petronio e Stanislao ripete' con successo l'esperienza di organizzare un pellegrinaggio diocesano al Crocifisso di Pieve; in questa circostanza, il santuario rappresento' la meta per l'acquisto dell'indulgenza giubilare. La Collegiata era decorosa e pronta ad accogliere quella folla considerevole di pellegrini da tutta la Diocesi. Per l'occasione fu installato nella piazza l'impianto di illuminazione con luce elettrica; furono anche predisposte manifestazioni folkloristiche e fuochi pirotecnici.

All'entrata in guerra dell'Italia, nel 1915, fu esposto il Crocifisso sull'altare maggiore e venerato con solenni funzioni per l'invocazione della pace. La Ventennale del 1920, nei giorni fra il 14 e il 22 settembre, si svolse in un clima difficile, che indusse il Parroco a fare appello alle "gloriose tradizioni del Paese, tradizioni di fede, di pieta', di gentilezza, di tolleranza, di liberta', di rispetto ai sentimenti e al pensiero di ognuno" ("Il Crocifisso", settembre 1920), per implorare che il Crocifisso fosse riconosciuto da ogni parrocchiano, a prescindere dall'idea politica, come un simbolo e una ricchezza del proprio patrimonio storico e culturale. Nel primo decennio di ministero parrocchiale di d. Celso Venturi, giunto a Pieve nel 1923, le Compagnie risultavano un po' disertate e incerte, tanto da giustificare i suoi ripetuti interventi di incoraggiamento sul Bollettino Parrocchiale. Nel febbraio 1927 l'Arciprete scrisse: "Le nostre Confraternite hanno certamente avuto in passato una vita rigogliosa e fiorente. Lo dimostrano gli splendidi ed artistici stendardi che possediamo e i lunghi elenchi dei Confratelli. Ora pero' sono ridotte ai minimi termini. Sono pochi gli ascritti a ciascuna Confraternita e i pochi sono oramai anziani.... Le Confraternite sono la guardia d'onore di Gesu'. Percio' ogni famiglia che vuol essere cristiana dovrebbe tenersi onorata di avere alcuno dei suoi membri ascritto a qualche Confraternita.... Sono tre le Confraternite erette nella nostra Parrocchia: del Santissimo, del Suffragio, del Crocifisso. Scelga ognuno quella che vuole e si iscriva". Il IX Congresso Eucaristico nazionale, che si svolse a Bologna nel settembre del 1927, rinvigori' le Compagnie del SS. Sacramento in tutta la Diocesi. Don Venturi insistette per incoraggiare le Compagnie di Pieve, sul Bollettino di settembre, con un intero trafiletto di tre articoli, in seconda pagina, "Confraternite del SS. Sacramento", "Confratelli, a Bologna vi e' serbato il posto d'onore, siatene degni" e: "Norme". Nel primo, tracciava una veloce storia delle Compagnie del Santissimo, sorte per "stare vicino a Gesu' in Sacramento" e frequentate dalle "persone piu' distinte e piu' nobili, duchi e principi", per parlare poi brevemente delle tre Confraternite pievesi "i cui magnifici e artistici stendardi ne attestano la vita di fede e di amore". Accenna ad un'analisi delle cause della loro decadenza: "Solo il soffio anticlericale dei massoni - liberali - socialisti ha potuto ridurre quasi a nulla queste gloriose, belle e antiche associazioni cristiane. Ora pero' stanno risorgendo a novella vita e ritornano nella loro splendida divisa a condecorare le solenni manifestazioni eucaristiche". Nel secondo articolo, d. Venturi riportava il desiderio del Cardinale di assistere al "risveglio e messa in onore delle Confraternite del Santissimo" nella Diocesi per effetto del rinnovamento degli statuti. Il terzo articolo precisava le condizioni per la partecipazione alla solenne processione del Congresso, 1'11 settembre a Bologna: "Le cappe devono essere pulite, bianche come la neve e ben stirate; le mantellette pure ben messe". Le sollecitazioni del parroco non tardarono a produrre un aumento delle iscrizioni alle Compagnie, come rileva un articolo del Bollettino del febbraio 1928: "Le nostre tre Confraternite cominciano a dar segni di vita... Parecchi si sono iscritti... e quel che fa piacere e' vedere che i nuovi venuti in maggior parte sono dei giovani. In modo speciale poi la Confraternita del Crocifisso comincia ad essere numerosa.... La visita ai Sepolcri e' stata fatta con molta devozione e pieta' dalle tre Confraternite, che processionalmente si sono portate da una chiesa all'altra, seguite da una vera folla di popolo, molto piu' composta e devota degli anni addietro... Intervennero pure un buon numero di confratelli nel giorno delle Rogazioni, per le benedizioni alla campagna, date alle quattro porte del Paese".

L'azione di mons. Venturi prosegui' entro la traccia indicata da mons. Terzi: il Parroco assumeva interamente l'onere di dirigere il culto, di ravvivare la devozione e di curare la formazione religiosa e morale di tutte le categorie: bambini, giovani e adulti.

Rispetto agli edifici di culto, mons. Venturi progetto' e sorveglio' personalmente 1'esecuzione dei restauri e delle modifiche necessarie. In Collegiata, nel 1929, furono rinnovati 1'altare maggiore e il pavimento del presbiterio. Nel 1939-40, grandi interventi cambiarono il volto di tutto l'edificio: fu collocato l'altare dell' Annunziata al posto del battistero, spostato a sua volta nella cappella ricavata a ridosso del campanile, venne rifatto completamente il pavimento della navata in battuto alla veneziana, furono restaurati gli affreschi dell'abside e della chiesa da importanti artisti locali: Remo e Francesco Fabbri.

Altri interventi successivi portarono all'installazione di un organo nuovo, nel 1953 e alla rifondazione della cappella di S. Martino (a destra dall'entrata) al titolo di S. Giuseppe, nel 1962.

Tutti i restauri alla Collegiata e alla chiesa di S. Rocco (nel 1927 e nel 1938), furono eseguiti con finanziamenti concessi dall'Amministrazione Comunale e da privati, ma soprattutto con i contributi dei parrocchiani, di paese e di campagna, che il parroco stesso riscuoteva, casa per casa, come prima di lui avevano fatto i collettori delle Compagnie. I confratelli si trovarono, quindi, completamente sollevati dalla cura verso i luoghi di culto a cui erano legati: SS. Trinita', S. Rocco e altare del Crocifisso, e ricondotti solo all'antico primitivo compito di portare decoro alle funzioni liturgiche. A loro spettava il servizio nelle processioni, soprattutto del Corpus Domini, la partecipazione alle Quarant'Ore, di cui il Suffragio animava la quarta (dalle 17 alle 18 della domenica), quella del Crocifisso la trentottesima (dalle 9 alle 10 del mercoledi') e quella del Santissimo, l'ultima, prima della processione di chiusura, a cui erano invitati tutti e in modo particolare le Compagnie.

Cancellate le specificita' e le distinzioni del loro operato, le tre Compagnie della parrocchia di Pieve vennero definitivamente unificate in un solo gruppo, nel 1935, anche se ognuna mantenne fino al Dopoguerra la propria uniforme e le proprie pratiche devozionali. Nel 1950, la Compagnia del Santissimo Crocifisso commemoro' il centenario della propria fondazione, avvenuta con decreto arcivescovile del card. Carlo Oppizzoni, il 5 dicembre del 1850. Per questa ricorrenza e per celebrare l'Anno santo, mons. Venturi volle che durante l' Ottavario del mese di ottobre in onore del Crocifisso fosse esposta l'Immagine all'altare maggiore "...affinche' dall'alto della sua Croce attiri a se' tutti, ed in modo particolare richiami al suo amore quanti abbagliati da false dottrine, lo hanno abbandonato" ("Il Crocifisso", ottobre 1950, pag. 1). Il problema della laicizzazione dei costumi, con l'avanzata della cultura atea, era per mons. Venturi tanto grave ed impellente, da consigliare una cura prioritaria alla formazione dei cattolici, piu' che al decoro della liturgia.

Dedico' pertanto ogni sua energia alla catechesi, all'Azione Cattolica, ai corsi di esercizi spirituali per ragazzi e giovani e al Bollettino Parrocchiale, moderno strumento di parenesi e di comunicazione con i parrocchiani. Per le nuove esigenze della formazione religiosa e per dare ospitalita' alle associazioni del mondo cattolico, mons. Venturi realizzo' le due Case delle Opere Parrocchiali, nel 1939 e nel 1961.

La venuta del nuovo parroco, d. Antonio Mascagni, nel 1965, completo' il passaggio alla religiosita' postconciliare, attenta alla formazione della persona secondo requisiti di Fede sostanziale piu' che formale e di Carita' tollerante e aperta al sociale, piu' che devota e intransigente. Il Parroco ha ridotto il numero delle processioni e delle pratiche devozionali di retaggio ottocentesco, svuotate di persone e di significati, per concentrare l'attenzione dei cristiani sulla liturgia della domenica, preparata e partecipata da tutti, con la Messa, i Vespri e la Benedizione. Ha sostenuto fermamente le novene dell'Immacolata e del Natale, le Quarant'Ore, la processione del Corpus Domini, le feste dell'Assunta e della Madonna del Buon Consiglio, il Rosario al mattino e alla sera nel mese di maggio e le pratiche collegate alla devozione al Crocifisso: venerdi' di marzo, Ottavario dell'ultima settimana di ottobre e feste Ventennali. Se le feste precedenti erano state preparate con restauri alla chiesa, quella del 1980 vide un grande impegno diretto al Crocifisso, in diverse fasi: l'approfondito restauro eseguito nel 1976-77 alla scultura dal prof. Lorenzo Rossi; l'impegno culturale di recupero della storia e delle tradizioni orali sul Crocifisso, svolta da p. Edmondo Cavicchi con suo libro: "Il Cristo di Pieve nella tradizione e nella storia del Centopievese", Bologna 1972; il restauro e lo studio delle antiche tavolette votive del Crocifisso e della Madonna di Piazza, interessante raccolta di 38 quadretti, che testimonia la devozione popolare dal 1600 al 1800, pubblicata nel volume: "Le Tavolette Votive del Crocifisso di Pieve di Cento", Pieve di Cento, 1980; l'allestimento della mostra temporanea sugli arredi sacri della Collegiata di Pieve. Questo delicato e intenso sforzo di ricerca culturale e religiosa pose mirabilmente in luce il significato completo del Crocifisso di Pieve, da contemplare non solo nell'esaltazione della religiosita' barocca, ma anche nell'umile sembianza di "pellegrino" medievale, che col suo volto sofferente richiama ogni uomo al cammino verso la penitenza e la conversione.

Si chiariva la provenienza del Crocifisso dalla Confraternita di Santa Maria dei Battuti di Pieve, che con le sue forze sosteneva le locali opere sociali (come l'ospitale per infermi, pellegrini e poveri) e si assumeva gli oneri per il decoro del servizio religioso della Parrocchia, pagando le spese per la predicazione dei Quaresimali e per l'allestimento delle sacre rappresentazioni. Proprio per queste occasioni, sia religiose che civili (in quanto pagate dalla Compagnia che operava su commissione dell'Amministrazione Comunale), erano procurati grandi Crocifissi artistici e toccanti, come richiamo e coreografia alla predicazione religiosa. Siccome la Comunita' si identificava con il Consiglio della Partecipanza, risulta reale e provato il collegamento fra il Cristo di Pieve e la Partecipanza, come sostenevano i Parroci dell'Otto-Novecento, che proposero feste speciali per la divisione dei capi con esposizione del Crocifisso. Se la storia conferma, anche in mancanza di documenti, che il Crocifisso arrivo' tramite la Partecipanza, si deve a ragione asserire che al Cristo spetti il "Primo capo" nell'assegnazione dei lotti di terra.

Dagli studi e ricerche svolti a tutto tondo, infine, appariva la specificita' di Pieve e la rilevanza delle sue tradizioni nella formazione del Centopievese come "regione" storica e culturale. Il fervore di studi diede impulso a numerose iniziative culturali a Pieve, promosse da nuove associazioni, dal Comune e dalla Parrocchia, che portarono alla valorizzazione e spesso al restauro del patrimonio edilizio, artistico e religioso di proprieta' comunale e parrocchiale. D. Antonio ha collaborato fattivamente per tutti gli interventi relativi alla chiesa, ai quadri, al campanile e al recupero degli arredi sacri, con l'aiuto del Consiglio Pastorale (dal 1971) e delle varie Commissioni Parrocchiali permanenti e occasionali, istituite per le iniziative pratiche e per la scelta delle linee d'azione nell'ambito religioso e pastorale. I laici tornavano ad affiancare il parroco nella direzione della vita parrocchiale.

Mons. Mascagni ha incoraggiato anche gli ultimi rappresentanti della Compagnia del Santissimo a non abbandonare il servizio liturgico, anche se ridotto a poche occasioni, dopo la soppressione di molte processioni e delle Rogazioni. Quindi, durante le Quarant'Ore e i venerdi' di marzo i confratelli sono presenti, con camice bianco e spallino rosso; nelle processioni del Corpus Domini e in chiusura delle Quarant'Ore, essi partecipano con le grandi croci processionali, espletando, cosi', i compiti delle tre antiche Compagnie: del Santissimo, del Suffragio e del Crocifisso. Infine, su invito della Diocesi, i confratelli partecipano all'incontro annuale delle Compagnie del Bolognese.

Nel corrente anno giubilare del 2000, le confraternite di Bologna e provincia si riuniranno proprio a Pieve presso il santuario del Crocifisso, che fa parte dell'itinerario diocesano penitenziale per l'acquisto delle indulgenze (con le basiliche di S. Domenico e S. Francesco di Bologna e il santuario del Crocifisso di Castel S. Pietro).

 

 

LA PARTECIPAZIONE DEI CARDINALI DELLA DIOCESI DI BOLOGNA ALLE VENTENNALI DEL NOVECENTO

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Le feste Ventennali del primo Novecento furono preparate da d. Alfonso Maria Terzi, che ripose ogni sua fiducia nella comprensione dell'Arcivescovo verso la situazione di Pieve. Infatti, nel 1900, il card. Domenico Svampa intervenne celebrando la Messa il 21, 22 e 23 settembre, giorni del Triduo della Ventennale. Celebrarono Messa, negli stessi giorni, mons. Nicola Zoccoli, vescovo di Sebaste e Vicario generale della Diocesi di Bologna, e mons. Alfonso Andreoli, vescovo di Montefeltro. Era convalidata l'elevazione del santuario del Crocifisso di Pieve a luogo di devozione della Diocesi di Bologna e meta di pellegrinaggio privilegiata per l'acquisto delle indulgenze, nell'anno giubilare di inizio del XX secolo. Anche le successive feste del Crocifisso ebbero la presenza del Cardinale.

La Ventennale del 1920, celebrata dal 14 al 22 settembre, si concluse con omelia e Benedizione del card. Giorgio Gusmini, che aveva seguito anche la solenne processione; per i giorni precedenti, il parroco mons. Terzi aveva invitato il vescovo di Montalto, mons. Luigi Ferri, e il vescovo di Catanzaro, mons. Giovanni Fiorentino, per solennizzare le Messe davanti al Crocifisso, esposto all'altare maggiore. Grazie a mons. Terzi, la presenza di diversi prelati divento' una caratteristica di tutte le Ventennali.

Nel 1940, si allungo' il tempo della durata della Ventennale da triduo a novena. Dal 6 al 14 settembre, davanti al Crocifisso esposto all'altare maggiore, tennero le loro riflessioni mons. Oddo Bernacchia, vescovo di Larino e Termoli, e mons. Pio Guizzardi, vescovo ausiliare di Bologna. Alla precessione solenne del 15 settembre, presenzio' il card. Giovanni Battista Nasalli Rocca di Corneliano, che tenne l'omelia ed imparti' la Benedizione.

La Ventennale del 1960, per prima, occupo' due settimane, dall'8 al 25 settembre, con Messe celebrate dal vescovo ausiliare di Bologna, mons. Gilberto Baroni, nella prima settimana e con festa solenne e processione, il 18 settembre, guidata dal card. Giacomo Lercaro. I quindici giorni e oltre di funzioni e iniziative religiose compaiono pure nel programma della Ventennale del 1980, svoltasi dal 14 al 29 settembre, con l'intervento di prelati per le celebrazioni della prima settimana: Luigi Campagnoli, vicario episcopale, Ivaldo Cassoli, primicerio della Cattedrale, Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, Luigi Dardani, vescovo di Imola, Natale Mosconi, gia' arcivescovo di Ferrara, Benito Cocchi, vescovo ausiliare di Bologna e Vincenzo Zarri, altro vescovo ausiliare di Bologna. La processione per le vie del Paese si tenne la domenica 21 settembre e si concluse con omelia e benedizione dell'arcivescovo di Bologna, card. Antonio Poma.

Con programma analogo si svolgera' la Ventennale del 2000, dal l0 al 24 settembre, con la presenza, nella prima settimana, alla Messa delle ore 20.30, dei vescovi mons. Claudio Stagni, (11-9), mons. Vincenzo Zarri (12-9) e mons. Ernesto Vecchi (15-9), a cui si aggiungono i nomi di mons. Mario Rizzi, arcivescovo di Bagnoregio (mercoledi' 13-9), mons. Paolo Rabitti, vescovo di S. Marino e Montefeltro (sabato 16-9, alle ore 18) e mons. Novello Pederzini, parroco dei ss. Francesco Saverio e Mamolo, di Bologna (14-9). Nella settimana dal 18 al 23 settembre, come nella Ventennale del 1980, ritornera' ogni giorno un tema pastorale diverso: i bambini, i giovani, la pace, il sacerdozio, i malati, la vita e, domenica 24, si concludera' la Ventennale con la giornata della famiglia.

 

 

LE COMPAGNIE NEL TERZO MILLENNIO

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Una veloce ricerca sulle Compagnie dimostra la loro grande importanza nella vita religiosa di Pieve di Cento nei secoli passati; non solo: rivela pure come le consolidate pratiche attuali della devozione e del culto derivino in realta' anche dal secolare impegno delle Confraternite, che ha lasciato tracce nella pieta' popolare, negli edifici religiosi e negli arredi sacri. 

Per i Confratelli, la pratica religiosa, la Carita' e la cura delle rispettive chiese o altari rappresentavano settori inscindibili del loro mandato, ognuno dei quali rafforzava e valorizzava gli altri. Amando e pregando, la Compagnia del Crocifisso realizzo' le opere che inclusero la Collegiata di Pieve fra i santuari principali della Diocesi di Bologna; cio' permise ai Circoli Cattolici di organizzare importanti pellegrinaggi diocesani al santuario del Crocifisso. In filigrana, possiamo riconoscere analogo valore all'impegno profuso dalla Compagnia del Santissimo per curare la chiesa della SS. Trinita', fino ai primi del Novecento e a quello della Compagnia del Suffragio per la chiesa di S. Rocco. Con la preghiera, l'adorazione e con la Carita' verso i vivi ed i defunti, entrambe le Confraternite trovarono le energie per rendere le loro sedi decorose per i loro incontri, ma anche per ospitare tutti i devoti e i parrocchiani interessati a frequentarle.

Le tre Compagnie non agirono egoisticamente, ne' mostrarono chiusure verso la comunita' ecclesiale, perche' diedero esempio di pratica cristiana e preservarono dal degrado spazi importanti per tutta la Parrocchia, oltre ad allestire altari visitati anche da devoti e pellegrini provenienti da lontano.

Negli ultimi decenni, assistiamo ad una sensibilita' religiosa diversa, in cui la preghiera comunitaria, la pratica devozionale, la propensione verso la Carita' e la cura degli stessi edifici religiosi non si collegano entro una stessa regola, come avveniva negli statuti delle Compagnie, dove per i confratelli era indicata la "sede" ricevuta o scelta per raggiungere gli copi edificanti, sociali e pratici comuni. E' significativo che ora gli spazi per l'aggregazione religiosa ci sembrino insufficienti rispetto ai molti gruppi, associazioni, commissioni e consigli, entro cui operano i cattolici impegnati in Parrocchia. Per contro, sono tanti i luoghi religiosi o collegati alla Parrocchia non valorizzati: la chiesa di S. Rocco e' cadente, la chiesa della SS. Trinita' e' chiusa, il parco intitolato a mons. Venturi e' incustodito e degradato, la casa delle opere parrocchiali e' utilizzata solo in parte... Lo stile delle Compagnie ci insegna che unendo pieta', carita' e servizio si possono raggiungere obiettivi importanti e duraturi, piu' di quello che possono offrire le sponsorizzazioni o i comitati occasionali.

Le Compagnie, nel Terzo Millennio, con la forza della loro aggregazione, cementata dalla preghiera comunitaria, possono trovare soluzioni innovatrici ai problemi concreti, per rendere sempre piu' visibile la Fede religiosa entro le opere di Carita'.

La Chiesa diocesana e romana intensamente le invitano a riproporre il loro impegno, presentando come patrono il beato Pier Giorgio Frassati, nuovo modello di saggezza cristiana. Fra i valori e le principali preoccupazioni della sua breve vita egli pose: la partecipazione alla Messa, l'Adorazione, la preghiera, l'accompagnamento del Santissimo (nei Congressi Eucaristici di Torino e Genova, 1922 e 1923), la preghiera mariana, la carita' costante, concreta e quotidiana, l'impegno entro i Circoli di Azione Cattolica. Il suo esempio insegna che la pratica religiosa non presenta mai una sola dimensione alla volta: o personale o comunitaria, ma porta a Dio ogni uomo che si occupi del Prossimo e collega al Prossimo e alla comunita' ecclesiale ogni uomo in preghiera rivolto a Dio. A dimostrare che la Fede non e' fatto privato e nascosto ben vengano le Confraternite, abituate a presentarsi in pubblico con le loro uniformi e le loro insegne.

 

 

Parrocchia di Santa Maria Maggiore

COMPAGNIA DEL SANTISSIMO SACRAMENTO

Pieve di Cento, anno sociale 2000

 

1) Accorsi Andrea

2) Accorsi Walter

3) Bonora Luciano (priore)

4) Bovina Primo

5) Busi Achille

6) Busi Pietro

7) Buttieri Adelmo

8) Campanini Davide

9) Cacciari Sergio (cassiere)

10) Chiossi Antonio

11) Ferri Mario

12) Gallerani Giuseppe

13) Govoni Adriano

14) Marozzi Sandro (segretario)

15) Minelli Arrigo

16) Pedrielli Germano

17) Pirani Giorgio

18) Pirani Primo

19) Tasini Werther

 

 

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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ALBERTAZZI A.: Le stagioni di un Parroco: mons. Celso Venturi arciprete di Pieve di Cento (1882-1966), Pieve di Cento 1993.

 

AA.Vv.: Le tavolette votive del Crocifisso di Pieve di Cento, Pieve di Cento, 1980.

 

AA.VV.: La Collegiata di Santa Maria Maggiore di Pieve di Cento, crocevia tra religione, istituzioni e societa' cittadine (sec. XIII-XX), Bologna 1999.

 

CAVICCHI E.: Il Cristo di Pieve, nella tradizione e nella storia del Centopievese, Bologna 1972.

 

GIOVANNUCCI VIGI B.:Iconografia del Cristo Crocifisso nel Seicento Ferrarese, in: Musei ferraresi: Bollettino annuale 9/10, Comune di Ferrara, 1982.

 

LANDI G.: La bolognese pianura e la terra di Pieve presso Cento, Bologna 1878.

 

MELLONI G. B.: Storiche notizie del miracoloso Crocifisso della antichissima terra della Pieve, Bologna 1857.

 

SAMARITANI A.: Pellegrinaggi, crociate, giubilei ferraresi, secoli XIXVI, Ferrara 2000.

 

SAMARITANI A.: Una Pieve bolognese del tardo Medioevo: la Pieve de Cento, sec. XIII-XV, Cento 1992.

 

SAMARITANI A.: Il Cristo di Pieve nella storia e nella tradizione del Centopievese, in: Padre Edmondo Cavicchi e la storia del Crocifisso di Pieve, Pieve di Cento 1986-89.

 

SAMARITANI A. CAVALLI M. TURAZZI A.: Storia, arte e fede ai piedi della Croce, Migliarino (FE), 1999.

 

 

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A cura del Centro di iniziativa Culturale p. Edmondo Cavicchi - Parrocchia Pieve di Cento - Settembre 2000

 

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